Benvenute matricole giurisprudenza

Intervista a Mauro Renna – Professore ordinario di diritto amministrativo e diritto ambientale

1) Che cosa ha fatto nascere in Lei la passione per il diritto? In che modo questa passione ha determinato la scelta della professione? Cosa vuol dire insegnare per Lei?
Ho scelto giurisprudenza perché mi avevano affascinato gli studi umanistici e filosofici ma anche quelli di matematica e fisica, io ho fatto il liceo scientifico e trovo che il diritto sia una combinazione unica di queste materie. La passione per il diritto sicuramente si è poi sviluppata studiando giurisprudenza e incontrando nel percorso di studio alcuni docenti, compreso il mio maestro che è stato Giorgio Pastori, ma diversi altri, come Carlo Castronovo, Giorgio Luraschi e Federico Stella, oltre naturalmente al mio maestro Giorgio Pastori. Quando uno si iscrive alla facoltà di giurisprudenza non sa ancora bene cosa sia il diritto, ha solo un’idea. Mi sono appassionato fin dal primo anno, grazie anche allo studio di alcuni manuali di cui ho ancora un ricordo vivo.
La scelta della carriera universitaria è stata una conseguenza naturale da un lato della mia passione per il diritto, dall’altro è stato decisivo l’incontro con il professor Pastori: conoscere lui, il suo modo di essere studioso e docente. Professore vuol dire due cose: studiare e svolgere un’attività scientifica da una parte, dall’altra c’è la docenza vera e propria, sono due aspetti complementari.
Per me insegnare vuole dire cercare di trasmettere agli studenti quello che io a mia volta ho ricevuto, tramandare, cercando di inserire degli elementi di novità, una determinata concezione del diritto. Certamente bisogna trasmettere anche norme, diritto positivo, giurisprudenza, ma la prima cosa è proprio la trasmissione di un sistema perchè le norme cambiano. Ad esempio tutte le norme di questo periodo emergenziale sono norme che nessuno mai prima aveva visto, anche sul piano delle fonti ci sono stati dei problemi, quello che conta è conoscere il sistema. Al centro di tutto il diritto poi ci sono sempre le persone. Io cerco sempre di trasmettere questo messaggio quando spiego cos’è il diritto amministrativo, un diritto che ha ad oggetto il rapporto tra le persone e le istituzioni pubbliche e più specificamente la pubblica amministrazione. Per me insegnare significa trasmettere queste basi, poi tutto il resto dovrebbe venire da sé.


2) Cosa significa e cosa ha significato per lei vivere l’università e come crede che cambierà in questa situazione emergenziale?

Quando ero studente ero assiduamente frequentante, mi sentivo parte di una comunità costituita non solo da me e dai miei colleghi ma anche dai docenti. Da professore ci si accorge che nella comunità c’è anche il
personale non docente, che è fondamentale. Mi sento tuttora parte di una comunità che è innanzitutto la nostra Facoltà. Una cosa bella che si vive a giurisprudenza è una libertà di insegnamento vera. Al tempo stesso, ciascuno con le proprie differenze si sente parte di un progetto unitario. È molto bello essere parte di questa università, vivere in una comunità che si sente propria, ancora di più perché diversi colleghi di oggi erano con me gli studenti e gli amici di allora. Nei mesi passati è stato difficile fare il professore tramite le lezioni online. Il contatto con gli studenti è fondamentale e per me la lezione vuol dire entrare in aula, vedere gli alunni in faccia, dialogare.
Abbiamo però scoperto che ci sono dei modi nuovi di interagire, che per adesso sono stati dei rimedi a una patologia ma ci può essere qualcosa di fisiologico in questi nuovi mezzi sperimentati. Abbiamo capito che si può fare università anche così, basta che gli strumenti siano utilizzati adeguatamente.
Paradossalmente da un lato vi è un distanziamento sociale, non ci si frequenta fisicamente, ma dall’altro i contatti, nella forma telematica, sono aumentati, in questi mesi con studenti e colleghi credo di avere in alcuni casi sviluppato un rapporto di maggiore familiarità. In università a lezione e a ricevimento paradossalmente i rapporti sono fisici ma più distanti, invece nel rapporto che si crea in questa situazione molto difficile c’è un rapporto più solidale, pur nei rispettivi ruoli. Io credo che dovremmo fare tesoro di questa esperienza e portarci dietro le cose buone. È una esperienza che può migliorarci, sia in termini di didattica, perché ci sono delle soluzioni di didattica che possono integrare quelle classiche, sia in termini di rapporti personali.


3) Quale approccio o metodo per studiare diritto consiglierebbe a dei futuri studenti di giurisprudenza?
Il diritto si studia comprendendo che è un ordinamento giuridico che uno stato sovrano si dà per disciplinare i rapporti fra le persone. L’unico metodo possibile è realizzare che per tutto quello che si studia ci sono persone che vivono, che hanno rapporti fra loro, che hanno esigenze individuali, personali ma anche collettive e sociali e che quindi le istituzioni e l’ordinamento giuridico servono a questo. Bisogna capire innanzi tutto a cosa serve il diritto e cosa c’è dietro a ogni norma. Altrimenti il diritto non si impara, se si studia mnemonicamente senza entrare nella profondità di quello che c’è dietro non è possibile studiare il diritto. Questo significa imparare un sistema e il sistema, a sua volta, non deve essere astratto; è chiaro che nel costruire il sistema servono nozioni anche solide di logica e filosofia, perché nel diritto c’è anche questo, ma prima di tutto ci sono le persone.

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